Che la vallata attraversata da sud a nord dal fiume Jato e da est a ovest da una strada provinciale 63, fosse un crocevia di commercio e zona di eccellenti produzioni di cereali e ortaggi, lo testimoniano vari storici che nel tempo hanno descritto la valle e il fiume. Di quel periodo florido rimangono pochi elementi a testimoniare il passaggio e il fare dell’uomo: la chiesa di Maria SS.ma del Ponte, il ponte romano, le grotte ricavate per conservare il riso, i cereali e l’olio ed altri pochi ruderi di piccoli casali.
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Il Fiume
Il fiume Jato, dal latino Bathis cioè profondo in quanto scorre in alte gole e profonde rive, è lungo 32 Km, interrotto dalla diga Jato che da vita all’’invaso artificiale Poma. Nasce tra le gole di Portella della Paglia ad una altezza di 850 metri alimentato da diverse sorgenti che un tempo mandavano avanti i mulini ad acqua varcando suggestive gole profonde dal lago Poma fino alla foce.
Fino al tempo dei romani il fiume era navigabile, lo testimoniano Le bitte scoperte per caso tra le campagne di San Giuseppe Jato, servivano alle barche che trasportavano riso e cereali.
I trasporti avvenivano secondo la Lex Hieronica secondo la quale la produzione cerealicola veniva trasportata velocemente verso i “caricatori” (deportatio ad acquam), usanza che rimase fino all’Ottocento. Infatti era d’uso delle flotte militari fermarsi per fare la riserva d’acqua.
Dal mare si sviluppò un’intensa attività commerciale con i caricatori ufficiali e quelli di contrabbando. Nei litorali erano presenti dei casali, con torri di guardia, ed empori, sorti fin dal periodo fenicio. Il mare e le vie per marittima loca furono luogo privilegiato di tutti i commerci che avvennero in prossimità di porti naturali, cale o fiumi e che sin dai romani, vennero descritti dai vari geografi. Dal mare, però, vennero anche i pericoli: le flotte nemiche o i corsari.
Lo Jato, anche se non ebbe un emporio a mare, consentì che il commercio si sviluppasse in direzione sud verso l’antica Jatina e Petra.
Un via vai di imbarcazioni cariche di riso, cereali e canna da zucchero, che risalivano il fiume Jato. Arrivavano agli approdi a mare dove le navi venivano rifornite, pronte a salpare per la distribuzione. Una fitta rete commerciale di cui oggi sopravvivono solo le tracce che la storia ha lasciato.
Fauna e flora
Nel suo ambiente fluviale vi si pescavano anguille, tinche, granchi, rane, chi era senza un lavoro si improvvisava ambulante occasionale, vendendo il pescato del fiume per le vie del paese (“i pisci cantani”). La vegetazione lungo il fiume è caratterizzata da salici, pioppi, fitti canneti (arundo donax), capelvenere, euphorbia dendroides, edera, alloro, oleandro, ginestra, mirto, disa (ampelodesmos), asparago, menta selvatica, more, mirtilli, muschi, licheni ed altre specie della macchia mediterranea. Ai pioppi si aggiungevano altri alberi sempreverdi tra i quali le querce da sughero, il carrubo, il leccio.
Credits
Testi a cura di Benedetto Lo Piccolo