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Il Baglio Chiarelli-Rossotti è il più antico tra i bagli del territorio Calatubo-Manostalla. La sua edificazione, come baglio fortificato, munito di mura e torre, è fatta risalire al Seicento. È disposto alla sommità del versante orientale della valle di Calatubo, all’incrocio tra la strada provinciale 132 e la strada provinciale 63bis.
È appartenuto alla famiglia Rossotti che, dopo l’arrivo dei Gesuiti in Sicilia nel 1548, affidò ai Padri Professi la gestione del vasto feudo di Manostalla. Il barone Rossotti continuò a vivere nel baglio e i Gesuiti ebbero come loro base logistica un caseggiato nel fondo valle che corrisponde all’attuale Agriturismo-Fattoria Manostalla, detta appunto “Gesuiti”. Con decisione di Carlo III di Spagna e del figlio Ferdinando III, Re di Sicilia, nel 1767 i Gesuiti furono espulsi dai regni sotto l’influenza spagnola e i loro immensi beni, compresi quelli distribuiti in tutta la Sicilia, furono assegnati al patrimonio demaniale o ai nobili fedeli alla Corona.
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Un portone in legno a due ante, attraverso un sottoportico con sedili in pietra laterali, consente l’accesso nella corte su cui si affacciano i magazzini e la residenza padronale al primo piano del versante occidentale.
L’acqua piovana viene convogliata, con un sistema di canalette e tubi, dai tetti delle costruzioni verso una capiente cisterna posta al di sotto del piano di calpestio della corte che consentiva nel passato lunghi periodi di autonomia. Al centro della corte, al di sopra della cisterna, c’è un manufatto a forma di pozzo e una pila, manufatto in pietra per lavare la biancheria; l’uso di un secchio e un impianto idraulico consentivano di portare in superficie l’acqua dalla cisterna.
L’acqua piovana che cade sul piano di calpestio del baglio, attraverso caditoie in pietra, viene convogliata, con condutture sottoterra, all’esterno del baglio e raccolta in cisterne da cui veniva sollevata da una sénia (dall’arabo saniyya) o nòria (dall’arabo nā῾ūra), macchina per sollevare l’acqua.
Alla destra del portone d’ingresso, una chiesetta è aggiunta alle mura esterne e presenta sul prospetto una croce in marmo, mancante della parte inferiore che rappresentava una mezza ostia.
Il terreno circostante il baglio era recintato con mura in pietra e utilizzato per gli allevamenti e per le culture utili ad assicurare il fabbisogno dei residenti nel baglio
A ponente del baglio, una vasta area era utilizzata come aia, utilizzata dai contadini per spagliare, cioè per liberare le spighe del grano o di altri cereali dalla paglia; all’estremità occidentale di tale area, un bel sedile seicentesco in pietra consente di godere di un magnifico panorama.
Esternamente al baglio, all’estremità sud-ovest del terreno recintato che gli sta alle spalle, c’è una torre merlata con qualche feritoia e con una porta di accesso a nord.
Esternamente al baglio, a circa trenta metri dal portone d’ingresso, si accede al giardino arabo, un vasto appezzamento rettangolare di terreno con la quota abbassata e circondato da mura in pietra per mitigare l’azione dei venti. Una cisterna sottoterra che riceve le acque piovane dalla superfice della corte e una seconda sénia garantivano l’irrigazione del giardino. Nella loro strutturazione originaria, i giardini arabi erano suddivisi, da due assi viari ortogonali, in quattro quadranti, rappresentanti i quattro elementi sacri; in ogni quadrante c’era una vasca-fontana.
Credits
Testi a cura di Salvatore Campo