Le tonnare erano una prerogativa delle zone dove il mare si presentava già alto dopo pochi metri dalla battigia o dalla costa.
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A Balestrate i bizantini avevano costruito una torre di guardia ma non vi erano insediamenti produttivi legati al mare.
Dopo il primo censimento del 1505 gli spagnoli per fare profitto aumentarono le concessioni. L’imperatore spagnolo Carlo V il 15 febbraio del 1517 a Brusselle firmò il privilegio con il quale concesse a Giacomo Fardella barone di San Giuliano e Capitano Giustiziere di Trapani la licentia di edificare una tonnara di “curso con suo baglio e casamenti” sulla punta della Secchierìa o Sicchiarìa (oggi Balestrate), che venne costruita accanto alla torre bizantina.
Tutta l’attrezzatura arrivò da Nubia dalla tonnara chiamata “Raisi Debbi”. Le barche venivano tirate a secco e lasciate nella spiaggia di levante, verso il fiume Jato, che non a caso oggi parte di quella spiaggia appartengono alla contrada “Paliscarmi” evidente riproposizione del nome delle grandi imbarcazioni che venivano utilizzate nella pesca del Tonno. Nel 1577 la tonnara viene venduta ai potenti Bisignano di Napoli, principi di Sanseverino che con i Fardella erano imparentati con il principe Luigi Sanseverino Gaetani dell’Aquila d’Aragona principe di Paceco. La torre di avvistamento viene ristrutturata nel 1585 dall’architetto Camillo Camilliani che la inserì nel sistema difensivo della costa siciliana, voluto dal governo spagnolo, integrando in parte torri preesistenti. In caso di pericolo i “torrari” dovevano suonare la “brogna” (conchiglia) e con fumo e fuochi, dalla terrazza eseguire segnali per avvisare le altre torri e gli abitanti dell’entroterra del pericolo imminente.
Ma la tonnara “a reti fisse” non si armava ogni anno. Anche se economicamente poco vantaggiosa, la famiglia dei Sanseverino principi di Paceco la tennero in uso fino al 1780, anno in cui dopo essere stata abbandonata venne smontata dagli abitanti di Sicciara che utilizzarono le pietre della tonnara e della torre per costruire case.
Nel 1798, la vedova del principe di Paceco, Marianna Gaetani dell’Aquila d’Aragona dei Duchi di Laurenzana di Napoli che aveva sposato Niccolò Sanseverino Pignatelli (che aveva ricevuto il titolo di principe di Paceco e relative proprietà dal fratello Luigi il 16 marzo 1754), ingabbellava all’amministratore di Magazinazzi, don Francesco Sances, l’intero apparato della tonnara e cioè “quintali diciotto di Corpo di Canape aggruppato, la Curcuma di Corina di Canape, tutta la sarziame esistente in detta tonnara, numero sessantacinque ancore di ferro coi suoi ceppi di legno e una barca”.
Da quel momento i pescatori cominciarono a trasferirsi in altre tonnare, e a Balestrate si perdono, oltre che le attrezzature e la tonnara stessa, anche le tecniche della lavorazione del tonno che è rimasto retaggio di pochissime famiglie di pescatori.
Credits
Testi a cura di Benedetto Lo Piccolo